Bosnia & Erzegovina
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Bosnia & Erzegovina
Irene e Alessandro
Gio 11 ago 2011
“Due adulti e un bambino di 5 anni”. Entriamo in Bosnia dando i documenti al doganiere che dopo una rapida occhiata ci fa passare. Siamo al confine tra Croazia e Bosnia, entrando più o meno da nord ovest; veniamo dai laghi di Plitvice e la direzione è Jaice.
Il tragitto fin qui è stato Lucca, Trieste, attraversata la Slovenia, poi Rjieka e Plitvice.
Stamani abbiamo visto i famosi laghi, che tutti ci dicevano essere un posto meraviglioso.
Effettivamente sono belli, con le cascate ovunque, gli specchi di acqua cristallina, sfumature di verde e di azzurro in infinite tonalità, fondali colorati e i pesci vicino a riva. Sarebbe meraviglioso farci il bagno, ma è (giustamente) vietato. Se penso ad Adamo ed Eva, non posso non immaginarli qui: un paradiso in terra.
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L’organizzazione dentro è ottima: si può scegliere il percorso da seguire da 2, 4, 6, 8 ore. Il biglietto è unico e una volta dentro uno si muove in libertà, anche cambiando percorso. Per gli spostamenti si usano anche trenini o piccole chiatte elettriche. In più si possono noleggiare barchette a remi e mangiare nei punti di ristoro.
Se vi piacciono i paesaggi idilliaci considerateci pure una giornata intera. Altrimenti il percorso più breve, magari nei laghi superiori è sufficiente.
Per dormire ci siamo fermati ad uno dei campeggi in zona, belli, grandi e immersi nel verde. Senza prenotazione non abbiamo trovato difficoltà, vista la capacità enorme.
Da Plitvice il confine è a non più di mezz’ora in direzione Bihac. Ed eccoci in Bosnia.
La strada da Bihac a Jaice corre serpeggiando in un scenario paragonabile a un nostro paesaggio alpino, tra prati verdi, mucche, e paesini. Paesini che non hanno la chiesa al centro, ma minareti.
Accanto a case appena rifatte e dai serramenti e colori moderni, ci sono case diroccate, o abitate ma finite solo a metà. Nel complesso la strada è piacevole, e spesso incontriamo market, stazioni di rifornimento e bar/ristoranti. Appena passata Bihac (verso Jaice) notiamo anche un piccolo campeggio affacciato su un lago, all’apparenza molto carino e curato. Non ci fermiamo e proseguiamo fino all’Autocamp Jezero, 5 km prima di Jaice. Anche qui la prenotazione non ci serve. Troviamo tranquillamente posto su un morbido pratino, con tutto quello che serve e anche più (220V, carico/scarico, bagni, parco giochi, campo tennis, campo calcio, wifi ecc).
Ven 12 ago 2011
Stamani visitiamo Jaice. La cittadina è molto piccola e arroccata intorno ad una fortezza alla confluenza di due fiumi che incontrandosi formano una cascata di circa 20 mt. Si parcheggia senza problemi vicino al centro e si va a piedi alla città vecchia. Jaice è carina, anche se manca di un centro vero e proprio. Molti sono i lavori in corso per una ristrutturazione ancora un po’ indietro. E’ candidata ad entrare nel patrimonio Unesco, grazie soprattutto alla splendida posizione sopra la cascata. Un colpo d’occhio che merita si ha dalla strada che va verso Banja Luka : si parcheggia il camper alla terza piazzola sulla sinistra e un sentierino ci porta nel bosco per 100 mt.
Dopo circa 150 km di strada – la prima parte bella ma poi noiosa - si arriva a Sarajevo e cerchiamo l’unico camp della città, l’Oaza. In realtà è un po’ fuori, circa 13 km verso Ovest. Non è ben segnalato, per cui si segue prima per Mostar, poi per Ilidza, e poi vicino a un parco termale troviamo il camp. Anche qui la prenotazione non serve, e ci sistemiamo sul solito prato verde.
Purtroppo per visitare il centro città non è esattamente comodo: si cammina 10 minuti, poi si prende il tram che porta in centro, impiegandoci 35 minuti. Totale 45 minuti ad andare e altrettanti a tornare. I tram poi non sono certo ultra moderni, e con una giornata calda si rischia di cuocere.
Ma essendo l’unico campeggio in città… E domani Sarajevo.
Sab 13 ago Sarajevo.
Sarajevo è una città che non accoglie ma con la sua aria malinconica ti lascia arrivare; a chi arriva spetta andarsela a cercare. Lei sta lì, con tutti i segni della sua storia, non nasconde nulla e non ostenta nulla: si trovano i segni di una città in cui si viveva bene, quelli dell’assedio, quelli della lenta uscita da un passato che ancora si legge nei volti e nelle croci bianche delle sue colline.
Forse appena arrivati non ti conquista, ma poi senti l’odore forte del suo cibo, le campane e il canto del muezzin, vedi i vicoli vivaci della Bascarsija, le sue moschee gentili, i suoi caffè sulla strada, gente che prega e giovani che si incontrano in quel passaggio magico dal quartiere vecchio turco a quello nuovo austriaco.
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Il vecchio rumoroso e soffocante tram sfila davanti ai nuovi centri commerciali dopo aver avvicinato i vecchi palazzi socialisti e striscia lentissimo fino al ponte latino dove si accese la miccia della I guerra mondiale,
sfilando per il Viale dei Cecchini, fino a lambire la fontana dei viandanti nella centrale piazza Sebilj.
Un viaggio in tram è un faticoso avanzare per tutta la storia di Sarajevo insieme alla sua gente. Ma Sarajevo si mostra bella come mai se la guardi dall’alto delle sue colline, e quando si accendono le luci sui minareti e nelle case, quando vedi salire i fumi della carne alla brace, sembra una città portata da un fiume che scorre al contrario, dal mare fino ai dolci declivi delle sue colline.
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Lunedì 15 ago
Partiamo al mattino e facciamo scorta di fichi e frutta in genere nei numerosi banchetti a fianco strada. Nonostante il caldo si faccia sentire la strada si snoda piacevole per buona parte lungo il corso della Neretva, che ci accompagna fino nel cuore di Mostar, dopo circa 120 km.
Lì cerchiamo la chiesa francescana con il suo alto campanile con la croce in cima, pochi passi ad ovest del centro e del ponte vecchio. A ridosso della chiesa c’è un parcheggio a pagamento, controllato e dove si può sostare anche la notte.
All’ora di pranzo entriamo nel meraviglioso centro di Mostar.
Mostar è ovviamente il suo ponte, distrutto dalle bombe e ricostruito identico a prima.
Mostar è i suoi vicoli dal pavimento lastricato, pieni di negozietti, ristoranti e caffe.
Mostar è la Neretva, che la attraversa e divide quelle che una volta erano le sponde cattolica e musulmana.
Mostar sono i tuffi dei ragazzi dal ponte, e la loro sceneggiata per avere un po’ di soldi dai turisti.
Mostar è il ponte storto, più piccolo e nascosto.
Mostar è la discesa sul fiume dalla scalinata, per bagnarsi i piedi all’ombra di un pezzo di storia dei Balcani.
Mostar è i suoi ristoranti, quasi tutti con la vista sul ponte.
Mostar è la memoria del passato, con le case della periferia cariche dei segni della guerra.
Mostar è la torre Helebija, che ospita mostre di foto sul conflitto degli anni 90.
Mostar è la città con pochi hotel, visitata in giornata dai turisti di Dubrovnik o Medjugore.
Mostar è quella che la sera ritrova una sua vivacità tranquilla.
Mostar è i fari che di notte accendono il ponte dalla pietra bianca.
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Per la notte, come detto, si può sostare nel parcheggio, oppure scegliere uno dei numerosi camp una decina di km a sud, nella zona di Blagaj.
Optiamo per un camp e – senza aver prenotato- ci sistemiamo senza problemi.
Martedì 16 ago
I 38 gradi segnati già al mattino ci fanno fare un programma diverso dal previsto. Mattina a Pocitelj, per visitare il piccolo ma delizioso paesino ben ricostruito e poi cascate di Kravice, a nuotare nelle acque turchesi sotto una splendida cascata… o almeno questo credevamo. Arrivati a Kravice ci accorgiamo di essere circondati da pullman di gite organizzate. A pochi km da Mostar, e soprattutto pochissimi da Medjugore, la meta è presa d’assalto da pellegrini con la voglia di fresco. Dall’alto vediamo il posto, che (vuoto) deve essere veramente incantevole. Ma la troppa gente, il caldo, e la strada, corta ma in salita al ritorno e tutta al sole, ci fanno desistere. Sarà per un’altra volta.
Torniamo al camp per rinfrescarci e tornare a Mostar nel tardo pomeriggio per vedere il ponte illuminato di sera.
Mercoledì 17 ago
Partiamo, dopo pochi chilometri entriamo in Croazia e, seguendo la litoranea, arriviamo a Dubrovnik.
La musica è cambiata, le strade tornano ad essere trafficate, le insegne con le scritte in italiano, i menù in 4 lingue. I camper non si contano più ed anche al camp Solitudo non c’è più traccia dei pratini, della calma, della pace dei posti bosniaci. Siamo sul mare e al mare cambia tutto.
Dubrovnik è indubbiamente bella, il marmo ovunque la fa risplendere come una bella ragazza, le strade luccicano, i palazzi sono bianchi ed imponenti, lo Stradun è affollato, le mura la abbracciano e la rivolgono al mare, proteggendola dall’interno, non dal mare. I ristoranti sono tanti, mangiare non è un problema, e sono tutti pieni. I turisti sono infiniti. Forse non è il momento migliore per visitarla, la stagione è altissima, e la troppa gente ci impedisce di godere di una città che molto sa offrire e regalare a chi vi entra.
Giovedì 18 ago
Torniamo verso e nord e dopo un po’ di costiera entriamo sulla nuova autostrada poco prima di Split. Finora è costruita fino qui, ma i lavori sembrano frenetici e presto arriverà a Dubrovnik.
La strada è calda e noiosa. I termometri non scendono sotto i 34. Nel tardo pomeriggio arriviamo a Zadar.
L’abbiamo scelta un po’ per caso, perché era nel punto giusto. Troviamo posto nel grande camp Borik, a pochi km dal centro e affacciato sul mare. Dopo cena, prendendo il bus di fronte al camp, facciamo un giro in centro.
La città ci sorprende; bella, anche questa con i pavimenti in marmo e i bei palazzi ben illuminati, molto vivace, con artisti di strada a ravvivare le piazze. Saliamo anche sulla torre campanaria e vediamo le vie illuminate dall’alto. I resti romani e medievali sono ben valorizzati ed inseriti nel contesto moderno, tra il marmo e le luci. All’estremità ovest della penisola ci sono poi due opere d’arte di Nikola Basic molto suggestive. La prima e più bella è un organo attivato dalle onde marine che dà un suono continuo e mutevole, profondo e pieno, non melodico ma molto armonico e leggermente ipnotico. Sedersi bordo mare, birra in mano, a chiacchierare con quel sottofondo è una esperienza coinvolgente.
L’altra opera, altrettanto bizzarra, è un tributo al sole. Un grande cerchio nel pavimento di giorno cattura l’energia solare, e di sera la restituisce con i colori mutevoli dei led che giocano in infinite variazioni. L’effetto di un pavimento colorato e luminoso è suggestivo, anche se forse fa un po’ “Saturday night fever”…
Domenica 21 ago
Partiamo di mattina presto, in tre ore circa siamo all’altezza di Rjieka poi, senza traffico in frontiera, in Italia.
Conclusioni
La Bosnia è un territorio prevalentemente montuoso o collinoso e l’assenza di autostrade rende gli spostamenti piuttosto lenti. Sconsiglio quindi, a meno di non avere molto tempo a disposizione, giri troppo lunghi. La costa croata e l’interno sono due mondi diversi, con turismo diverso, per cui l’ideale è scegliere cosa si preferisce e concentrarsi su quello.
La storia recente (anni 90) è più che evidente in ogni città, per cui consiglio un minimo di preparazione su cosa è successo, ma non sembra che i bosniaci ne parlino molto volentieri. A parte alcune mostre fotografiche o il “museo” del tunnel a Sarajevo non aspettatevi di trovare molto sul conflitto passato.
Problemi non ne abbiamo avuti, di alcun tipo. Mai avuta la benché minima sensazione di insicurezza, pur girando anche di sera o nelle periferie. Carburanti (gasolio circa 1,2 €), market, ristoranti e tutto quello che può servire abbondanti lungo tutto il tragitto. Camping e ristoranti di buon livello, migliori (e più economici) che in Croazia.
Abbiamo utilizzato la guida Lonely Planet “Balcani Occidentali”, la cartina Michlen, e per la documentazione abbiamo letto:
Venuto al mondo – Mazzantini
Il violoncellista di Sarajevo – Galloway
Maschere per un massacro – Rumiz
Oltre a materiale vario sul web.
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