Simbologie e metamorfosi
Simbologie e metamorfosi
Da un’intuizione di Bruno Papalia (Locri, ’66), nascono ventidue arcani maggiori, realizzati con pennarelli colorati su cartoncino: in A3, singolarmente o in un mazzo intero di discrete dimensioni dentro un sacchetto di velluto. Essenziali, neutrali, simbolicamente primordiali, essi colgono il nucleo dell’elemento rappresentato. Il percorso dello sguardo guidato dal disegno e letteralmente dalle parole ad esso abbinate è un viaggio dentro se stessi, nell’anima, nel cuore. «Ogni carta è nata in ordine sparso nel momento in cui l’ho creata. – racconta Bruno Papalia, pranoterapeuta ed artista – La prima carta che ho sentito di dover realizzare è stata l’eremita; è diverso da tutti gli eremiti che trovi in giro, come del resto tutto il mazzo di carte si distingue dagli altri in circolazione. Il mio desiderio era quello di tornare all’origine del principio poiché il messaggio ha più forza nella sua manifestazione. Oltre al disegno, scrivo una frase che ne raccoglie il senso e il significato.» Del resto, anche dentro di noi risiede un nocciolo che specifica la nostra natura di individuo, un nucleo che non cambia nel corso del tempo, ma che può essere solo occultato o portato fuori, esprimendo il nostro sé più vero. Sibillini, i suoi tarocchi possono essere sfogliati come fossero le pagine di un libro che si prefiggono di riferirci di cosa in quel momento necessitiamo. «”L’Eremita” è ricerca, volontà di andare verso lo spirito, di trovare una propria individualità, una spiritualità. – spiega Bruno – “La ruota della Fortuna” è ciò che noi abbiamo la forza di realizzare, perché ogni cosa dipende dalla nostra azione; “La Stella” rappresenta la forza femminile, generatrice. Nel disegno si notano due anfore, una delle quali sembra che versi dell’acqua e l’altra che la prenda, poiché vi è uno scambio equilibrato di energie tra l’esterno e l’interno.» Nella carta degli “Innamorati” si distinguono due figure che paiono entrambe femminili: Bruno Papalia ha cercato di esprimere la potenza creatrice della donna che si sprigiona in tutto, non solo nell’amore. Il sole che spicca in alto è come una benedizione del cielo, un’apertura verso il divino.
Laura Martucci (Roma ’82) ci presenta le sue opere a tecnica mista che tendono al mistero, al sogno, come viaggi onirici nella nebbia, una serie che fa parte di una sua ricerca personale. Nonostante la maggior parte delle opere di questo ciclo siano state realizzate con colori scuri, ne compare una in particolare dove la luce gioca con le ombre e nel contempo l’astratto si affianca al figurativo, come se in questo lavoro opera si vedesse il suo percorso dirigersi verso nuove sperimentazioni di stile: una porta, un confine tra due mondi interiori. Da questo dipinto che prende spunto sia dal periodo cubista che da quello surrealista, s’intravede anche quel senso dell’oscuro dove nascono le paure, le angosce dell’uomo e dove dormono gli scheletri che ci appartengono. «Dal contrasto che emerge dal sorgere della luce e le figure poste nell’ombra si coglie la speranza, la gioia da una parte e dall’altra il sentimento della perdita della fede, le ferite delle persone che ci dovrebbero amare, l’abbandono, quella crepa che si forma nel dolore della propria intimità. – racconta l’artista - Come se ci si guardasse allo specchio e ci si vedesse deformati! Ed allora… un angelo si perde tra le lacrime…»Sul filone di quelle di Odilon Redon, le altre opere catturano l’attenzione per il loro messaggio introspettivo dove ai fini di una corretta comprensione, la simbologia gioca un ruolo privilegiato, nell’associarsi di più immagini: teste, corpi sconosciuti, figure di animale si sporgono dalla tela per comunicarci una verità. «Il nostro viso è come una maschera e se una persona vuole riesce a nascondere quello che c’è dentro. Un viso sorride ma magari sta bruciando internamente. – spiega Laura – Le ombre malvagie che ci seguono, sono coloro che ci hanno fatto del male. Il coniglio rappresenta il tempo che passa e s’ispira ad “Alice nel paese delle meraviglie”; il corvo è la morte in opposizione ad un bambino che equivale alla nascita. La donna sono io stessa, nella mia incompletezza, lungo una ricerca costante.»
Inaugurazione 25 ottobre, dalle 18.30
A cura di Valentina Cavera
Studio Mitti
Via Alzaia Naviglio Grande 4, Milano
Orari galleria: Da lunedì a sabato dalle 15.30 alle 20.30
Domenica e Festivi dalle 10.00 alle 20.30
Valentina Cavera
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