Come visitare 3 capitali europee
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Come visitare 3 capitali europee
di Paola e Luigi Bartezaghi
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Volevamo andare a Stoccolma. Per un motivo o un altro avevamo sempre rimandato. Quest’anno come al solito avevamo pochi giorni di vacanza, e ci siamo arrivati anche stanchi dopo un lungo anno di lavoro, ma non abbiamo voluto rinunciare, anzi abbiamo voluto inserire nel viaggio anche una visita a Berlino e Copenaghen. Questa è la storia del viaggio, fatto da Paola e Luigi, alle soglie dei sessanta, col loro nuovo semintegrale Laika Kreos.
5 agosto 2005 - Milano – Chiavenna km. 128
Siamo partiti di venerdì pomeriggio, al termine di una giornata lavorativa, con l’intento di guadagnare anche solo poche ore, ma così tanto per abituarci all’idea e cominciare ad inserire i nostri bioritmi nella realtà delle vacanze. Traffico scorrevole sulla statale 36 che da Milano ci porta a Chiavenna. Giornata calda di sole pieno. Avevamo una mezza idea di salire sino a Campodolcino, ma la stanchezza e la strada che dopo Colico inizia a stringersi, ci suggerisce di fermarci nell’area attrezzata presso i campi sportivi, dove arriviamo al calare del sole, giusto in tempo per cercare un posto in piano e cenare. In serata lungo giro per la città, bella e animata oltre le nostre aspettative.
6 agosto 2005 – Chiavenna (I) – Regensburg (D) - km. 493
Notte agitata e di scarso riposo. Inutile lamentarsi dei cani delle ville nei dintorni che spesso abbaiano o delle poche gocce di pioggia cadute nottetempo. Avremmo dovuto essere stanchi e abbandonarci nel sonno come massi, ma così non è stato. Che sia la tensione prima di un lungo viaggio? Comunque sia alle 6 ero sveglio e ho faticato a riaddormentarmi, cullandomi al pensiero di essere in vacanza, libero da impegni e orari.
La partenza quindi è alle 9, dopo aver pulito i serbatoi e fatto colazione. Un cielo grigio, carico di pioggia, ci accompagna fino a Campodolcino dove facciamo il pieno di gasolio e m’informo dal benzinaio sulle condizioni della strada che ci aspetta. “Ma lei vuole fare anche il passo?” “Certo, siamo passati di qui per evitare il traffico di Chiasso e della dogana in autostrada, dove anche stamattina alla radio ho sentito che ci sono code interminabili” “La strada è un po’ stretta, con molti tornanti” “E’ meglio che torni indietro? Sa amiamo fare sempre strade nuove, ma preferiremmo evitare di rovinarci le vacanze” “No, beh altri l’hanno fatto, con camper anche più lunghi del suo…” E con queste parole poco tranquillizzanti – non ascoltate da Paola – ci rimettiamo in marcia.
La strada per lo Spluga che è stretta e si inerpica con forti pendenze già da Chiavenna, più sale e più si restringe, con passaggi tra le case decisamente impegnativi. Con un timore sempre crescente di essere andati in cerca di rogne gratuitamente, arriviamo al lago – mezzo vuoto – e vediamo i primi camper in sosta. Certi che il peggio sia passato, proseguiamo, immersi nelle nuvole e subito i tornanti, con raggi di curvatura sempre minori, riprendono. Come dio vuole arriviamo al passo e alla frontiera, dove siamo costretti a fare manovre incrociando le auto. Il doganiere svizzero ci ferma per controllare i documenti e noi ne approfittiamo per chiedere se la strada migliora in territorio elvetico. Con un sorriso ci assicura di sì, ma basta girare l’angolo della casa cantoniera per scoprire la menzogna. Ci aspetta un budello che come un serpente arrotolato si snoda sul versante della montagna, senza alcuna protezione.
I primi tornanti devo farli in due manovre tanto sono stretti, ma poi prendo la mano e con molta precauzione per il fondo viscido atterriamo a Splugen, dove ci fermiamo a riprendere fiato (ed un pezzo di pane). Il resto del viaggio diventa una passeggiata. Imboccata l’autostrada, lambiamo il Liechtenstein e per pranzo ci fermiamo in un piazzale di Bregenz in Austria.
Ripartiamo con direzione Monaco, aggirandola sul ring, nel traffico scorrevole di questo sabato pomeriggio, mentre nel paesaggio spicca la sagoma del nuovo spettacolare ed avveniristico Arena stadion del Bayern, tutto rivestito da bianche bolle trasparenti che di notte s’illuminano di rosso, e sponsorizzato dall’Allianz. Arriviamo a Regensburg (la nostra Ratisbona) e dopo qualche sondaggio alla ricerca del posto migliore, decidiamo di fermarci in un parcheggio della periferia, sui bordi del Danubio, dove chiediamo a camperisti tedeschi locali che qui abitano e si stanno preparando per venire in Italia per le vacanze, se è possibile sostare in tranquillità nel posto che lasceranno libero. Ricevuta assicurazione di ciò, ci attrezziamo per la sosta. Canonico tè delle 5 e poi ci incamminiamo per un magnifico percorso pedonale che costeggia il fiume verso il centro città.
Sarà una camminata lunghissima – valutata in oltre 8 km – che ci porterà a visitare il centro storico e permetterà di rilassarci, lontano da rumori di auto immersi nella natura e nei nostri discorsi, che sono il riassunto di quanto vissuto durante la prima giornata di viaggio; e ci piace ricordare l’ordine e la pulizia, l’assenza di cartelloni pubblicitari ai bordi delle strade, con tanto verde molto curato, e poche aree di sosta in autostrada. I bei paesini da favola immersi nel verde. È con questi pensieri e la certezza di aver intrapreso la strada giusta verso ciò che più ci piace che ci addormentiamo nella quiete profonda di un parcheggio di città.
7 agosto 2005 – Regensburg (D) – Berlino (D) - km. 600
Tanta gioia, felicità e tranquillità evidentemente non si addicono a noi, visto che la giornata inizia male, sbagliando completamente direzione. Così mi perdo la chiusa del Watenburg, dove il Danubio entra in un’ansa molto caratteristica che mi ero ripromesso di andare a verificare di persona se è così intrigante come mi è stata descritta. Pazienza, sarà per la prossima volta (è il mio motto quando qualcosa non va come vorrei e mi trattengo dall’imprecare).
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Il Walalla però non posso perdermelo, e dopo un giro tortuoso riusciamo a rimetterci sulla retta via. L’imponente monumento domina dall’alto di una modesta collina, che guarda sulla sterminata pianura. Foto di rito nella giornata grigia e rimettiamo la punta a nord. Riprendiamo la A93 per uscire a Waldsassen, sul confine con la repubblica ceca e approfittare per una sosta tecnica. Il camper service segnalato nel portolano è una struttura pubblica, all’interno di un normale parcheggio, a cui si appoggiano anche i pulman turistici. Sotto la pioggia che è caduta per tutto il giorno, tra intervalli di sole caldo, arcobaleni ed altri scrosci d’acqua, talvolta gelida, svuoto il wc chimico nella toilette pubblica e le acque grigie in un tombino che centriamo solo parzialmente. Nel dirigerci in linea retta verso Berlino, ci sta bene l’attraversamento dello spicchio di questa terra che come un dito proteso, si tende verso la Germania. Prima di mezzogiorno attraversiamo la frontiera della repubblica ceca, oltrepassiamo Cheb e per pranzo – peperonata e formaggio - sostiamo in una via di Frantiskovy Lazne, una cittadina termale dove il contrasto tra decadente e moderno è particolarmente stridente.
Attraversando questo spigolo di stato ne approfittiamo per fermarci ad un distributore locale e fare il pieno di gasolio (più conveniente che da noi) e rabbocco delle acque chiare. Quindi di nuovo in Germania, entrando nella zona che una volta era sotto il controllo sovietico. Mentre per la repubblica ceca eravamo preparati – miseria accanto ai primi accenni (ed eccessi) di capitalismo e benessere – l’ex Germania dell’est ci sorprende. Per quanto molto sia stato fatto a distanza di quindici anni dalla riunificazione, ancora tantissimo resta da fare. Il gap si percepisce da tante piccole e grandi cose, ma soprattutto si respira nell’aria, anche se non riusciremo a vedere neppure l’ombra di una Trabant. L’amore per le belle auto è evidente in tutti i tedeschi, dell’est e dell’ovest; un vero status symbol nazionale.
A Schleiz l’ingresso in autostrada è chiuso – incidente? – e attraverso una lunga e tortuosa “umleitung”, che ci ha fatto attraversare paesini sperduti, abbiamo potuto rientrare in A9 solo molti km dopo, per poi tornare a fermarci dopo pochi km a causa di un altro incidente che ci ha rallentato non poco. Temevo che il programma di arrivare a Berlino in serata potesse saltare, invece in forte ritardo sulla tabella di marcia, ma alle 18,30 eravamo a Potsdam. E qui tutto ha cominciato a girare storto; avvalorando il detto che è stata una buona giornata iniziata male e finita peggio. L’obiettivo era trovare un buon punto sosta per la notte, ma, forse perché eravamo stanchi, non ci siamo riusciti.
Nel parcheggio del Sans Souci eravamo soli e decentrati dal centro; l’altro PS recuperato da Internet, si è rivelato una bufala. Per trovarla abbiamo chiesto a due poliziotti che molto gentilmente ci hanno scortato sino all’indirizzo segnalato, ma una signora acida ci ha avvertito che è stato smantellato già da qualche anno. Nell’incertezza e frustrati nei nostri tentativi abbiamo deciso di portarci direttamente a Berlino dove avevamo più segnalazioni di punti sosta possibili. Non avevamo fatto i conti sull’estensione della capitale tedesca, che è sterminata.
Con l’arrivo del buio poi, sono cominciati i problemi di lettura delle targhe indicanti le vie, così stanchi e nervosi ci siamo fermati a cenare sul viale 17 Juni, dietro un altro camper di italiani, che come noi non avevano trovato alcun valido approdo. Dal nervosismo al litigio il passo è breve; Paola va in crisi nel dover affrontare gli imprevisti e io rimprovero a lei di non sapersi adattare come dovrebbe fare un vero viaggiatore. Certo una cena in camper nel Tiergarten non è da tutti; il traffico caotico che va ondeggiare il Kreos neanche. Fortuna vuole che strada facendo ho adocchiato un cartello che indicava per lo stadio olimpico, così che ci dirigiamo lì nel silenzio denso di rimproveri reciproci e alla fine ci abbandoniamo al sonno.
8 agosto 2005 – Berlino
La notte ha portato consiglio. Non si invecchia per niente. Come due brontoloni ci prendiamo per delle sciocchezze, ma finalmente abbiamo capito che non è il caso di tenersi il broncio quando la vita è così breve e le prese di posizione così stupide.
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Di mattina presto ci rimettiamo in marcia, tornando dov’eravamo la sera prima. Parcheggiamo in Grosser Stern, avendo cura di preoccuparci di non essere in divieto, e a piedi ci dirigiamo verso il sightseeing. Mentre controlliamo dubbiosi la cartina siamo avvicinati da una gentile signora che ci aiuterà ad orientarci, facendoci attraversare il parco alle spalle dello zoo e abbreviandoci di molto la strada. È molto cortese e cordiale, ma anche invadente. In mezzo a tante informazioni che ci fornisce su Berlino e su cosa vale veramente la pena di andare a vedere – almeno a suo parere – scopriamo che è nonna, viene da Norimberga a curare la nipotina ed era insegnante. Praticamente ci imporrà il suo tour di Berlino assistendoci fino all’acquisto dei biglietti e assicurandosi che saliamo sul mezzo giusto. La salutiamo con molto sollievo e saliamo al piano superiore dove contiamo di poter fare le fotografie con migliori risultati. In due ore attraversiamo la città di cui siamo confermati nella nostra prima impressione di essere sterminata, con enormi contraddizioni tra le zone est e ovest. Una città ricca, intellettuale, molto verde e non così densamente popolata come ce la saremmo aspettata. Ci scambiamo impressioni nell’aria fredda della prima mattina, sotto un cielo grigio solo saltuariamente riscaldati dal pallido sole del nord.
Prima di rientrare in camper, ci fermiamo da Ka.De.We., grande magazzino di altissimo livello, dove ne approfittiamo per fare pipì, riscaldarci un poco e fare scorta di dolci (buoni come l’aspetto invitante). Una visita alla chiesa commemorativa del Kaiser Guglielmo, mezza distrutta dai bombardamenti dell’ultima guerra lasciata a testimonianza futura, ci ricorda cosa ha sofferto questa città ed il suo popolo.
Dopo un’altra fermata da Starbuck, per noi collegato indissolubilmente nella nostra memoria a New York e ai pochi giorni memorabili lì trascorsi, torniamo al camper e con la nostra casetta viaggiante, torniamo a girare la città, di cui adesso abbiamo un’idea più definita per vedere o rivedere ciò che più ci ha colpito. E dal nostro itinerario non possono mancare una sosta al Charlie point che abbiamo visto e rivisto in tanti film, immedesimandoci nelle tensioni degli attori che ricreavano storie di vita che solo qui potevano avere corso e al muro della vergogna, anche questo lasciato lì in un suo spezzone a monito.
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Per la notte ci portiamo in Marx Engels Platz, dove avevamo notato altri camper in sosta – in prevalenza italiani – durante il giro col sightseeing. Alle nostre spalle da un decrepito caseggiato sparano musica tekno a tutto volume – fortunatamente da buoni tedeschi, alle 22,30 smettono – così ci sentiamo motivati ad uscire di nuovo e a piedi goderci il cuore della città: l’unter den Linden fino alla porta di Brandenburgo (in restauro, come gran parte della via principale) il Berliner Dom (dove per entrare si deve pagare), la torre della televisione (da dove dicono si veda un meraviglioso panorama della città, ma soffro di vertigini) e l’Alexander Platz. Siamo nella parte orientale della città e si vede. Tra l’altro è l’unica zona in cui viaggiano i tram.
Ciò da cui però rimaniamo particolarmente colpiti sono i casermoni popolari senza balconi, di una tristezza e grigiore che neppure i murales più vivaci riescono a ravvivare. Anche la gente ci appare diversa; grigia, imbronciata e meno disponibile. Sono passati anni dalla caduta del muro eppure sembra ancora ieri. Andiamo a letto ancora discutendo tra noi le impressioni di questa giornata. In sintesi però Berlino ci è piaciuta molto, pur o forse proprio per le sue contraddizioni.
9 agosto 2005 – Berlino (D) – Trelleborg (S) km. 302
Sotto un cielo grigio usciamo da Berlino, attraversando Pankow (che per noi milanesi ricorda molto Quarto Oggiaro) e imbocchiamo la E251 con destinazione Sassnitz. Il programma prevede di prendere conoscenza con l’ex DDR nella sua parte più settentrionale. Le impressioni che ne ricaviamo sono desolanti e al tempo stesso illuminanti circa la povertà in cui questa gente deve essere vissuta e delle difficoltà che devono aver avuto. Ma certo anche dei costi e dei problemi che la riunificazione ha portato.
Incontriamo qualche difficoltà nel mantenere la rotta, poiché i numeri delle strade sono diversi da quelli riportati sulle nostre mappe, ma facendo tesoro dell’intuito e dell’improvvisazione italiana, ce la caviamo. Fino ad Oranienburg percorriamo una superstrada nuovissima; da qui in poi invece torniamo sulle vecchie strade pre-riunificazione, con una serie infinita di “umleitung” che, attraversando paesini sperduti e abbandonati, come in una macchina del tempo, ci risucchiano nel tempo dell’immediato dopoguerra, consentendoci di prendere coscienza di una realtà che abbiamo solo immaginato nei racconti dei nostri genitori e nei film d’epoca. Strade di campagna, rattoppate e sterrate, dove solo l’incrociarsi coi tir – problematico e pericoloso in quanto loro non rallentano sentendosi sicuri – ci tiene collegati alla realtà dei nostri giorni.
La zona di Muritz – dove c’è un parco protetto e ben reclamizzato – è sicuramente bella e ricca di campeggi, così da far pensare di essere molto apprezzata dai nostri colleghi. Neubrandenburg è per noi l’emblema di questa area tedesca: orribile nella parte industriale, tanto è carina nella parte vecchia, completamente circondata dalle mura medioevali. Lungo la strada, non senza qualche titubanza, facciamo rifornimento di biodiesel che qui costa solo € 0,87 al litro. Percorreremo diversi km con il timore di aver fatto un grosso errore cambiando il tradizionale carburante, ma col tempo ci convinceremo che oltre che conveniente è molto valido, e forse ci ha consentito di percorrere qualche chilometro in più del tradizionale. Arriviamo a Stralsund, dove stanno costruendo un nuovo ponte che collegherà la terra ferma all’isola di Rugen – dove siamo diretti – eliminando così il vecchio passaggio attuale, che è sicuramente un retaggio del primo dopoguerra.
Il traffico, scarso per tutto il viaggio, comincia ad aumentare in prossimità dell’imbarco che non è a Sassnitz come riportato su tutte le carte, ma a Neu Mukran. Gli ultimi km sono eterni, quasi tutti in colonna, che all’improvviso scompare nel nulla e ci ritroviamo praticamente soli sul piazzale d’imbarco ad aspettare che aprano i passaggi. Abbiamo quasi il sospetto di aver sbagliato qualcosa, tanto che entriamo negli uffici a chiedere conferma di essere nel giusto.
Dopo aver pranzato aprono i caselli dove paghiamo € 124 per il passaggio nave e ci rimettiamo in coda per un’altra ora prima di imbarcarci. Scopriamo poi che il tutto è stato studiato per invitare i viaggiatori a far visita al duty free shop, qui ubicato in un capannone di lamiera, attrezzato alla bisogna in modo sbrigativo. L’imbarco è sempre un momento emozionante, carico di aspettative, che avranno modo di diluirsi nella monotonia delle 4 ore di traghetto a bordo del Trelleborg, dove i molti frontalieri che affrontano il viaggio con noi, cenano, giocano con le macchinette mangiasoldi o a carte, mentre i camionisti ne approfittano per dormire, sdraiati in qualche angolo. Dopo qualche giro esplorativo della nave, nell’impossibilità di stare sul ponte, per il vento che ci ghiaggia, ci abbandoniamo alla noia e con difficoltà di imponiamo di accettare il lento e monotono procedere della nave, senza insistere per volerla spingere a far presto.
Sbarchiamo nel buio e senza difficoltà ci dirigiamo al camping Dalabadets, nostra prima meta in territorio scandinavo, dove ci accomodiamo in una grande piazzola verde, da cui si domina il mare. Per la prima volta dopo tanto tempo riprendiamo confidenza coi problemi di ragionare con una moneta diversa, ma senza storie sborsiamo 170 korone per la piazzola e kr 90 per la tessera che ci consentirà di entrare in qualunque campeggio della federazione scandinava.
10 agosto 2005 – Trelleborg (S) – Kalmar (S) – km 341
La prima notte in Svezia trascorre tranquilla, naturalmente leggermente bagnata com’era da aspettarsi. Colazione abbondante, nel tentativo mal riuscito di adeguarsi allo stile nordico, e diamo il via alle pulizie. Svuotare il wc, pulire il camper, cambiare le acque. Nel prendere il tappo del serbatoio che avevo momentaneamente posato a terra, sono stato colpito dal colpo della strega che mi accompagnerà per tutto il giorno. Nonostante tutti i massaggi a cui mi sono sottoposto da un mese prima della partenza per cercare di rimettere insieme i pezzi, dopo i primi sforzi tornano i problemi. Non mi perdo d’animo e butto giù un aulin (tanto l’antidoping non me lo fanno di sicuro).
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Nell’aria c’è un puzzo di marcio che ci da il benvenuto in terra svedese e ci accompagnerà per un lungo tratto di strada. Io sostengo si tratti di alghe che sono state spinte a riva dal vento, mentre Paola insiste per un problema di fogne. Sarà argomento di discussione, mentre viaggiamo su buone strade, costeggiando il mare sino a Ystad. È tutto un susseguirsi di casette, perlopiù in legno, che si alternano a spazi coltivati. Il mare da un lato ed il verde, molto più intenso del nostro, dall’altro. Peccato solo per il tempo, tipicamente nordico. Lungo tutta la strada saremo accompagnati dalla pioggia, ora fine e intermittente, ora fitta e battente, da faticare a toglierla dal tergicristallo a tutta forza. Pranziamo a Kristiansand, nel parcheggio centrale, sotto un acquazzone che si spenge sul maxi oblò mentre mangiamo e ridiamo come adolescenti, ricordando le gaffe della giornata, come quando ci siamo fermati a far gasolio e cercavamo di farci capire dove trovare un bancomat (che poi troveremo dopo vari tentativi all’esterno della banca centrale di Kristiansand, per poi rientrare nella stessa e farci cambiare i pezzi di carta in monete, qui molto usate dal parcometro alle varie piccole necessità). Al pasto accompagniamo una birra locale che ci obbligherà ad una sosta più prolungata del solito per smaltirne gli effetti ed evitare così negli eventuali controlli della polizia che qui ci dicono essere molto severa nei confronti dei bevitori. Risalendo per la E22 vediamo delle auto ferme ai bordi della strade e ci accorgiamo che un camoscio è stato investito. Accosto e Paola scende per fotografare, ma viene apostrofata in malo modo e seccamente invitata ad andarsene. Senza peraltro poter fotografare. A lungo ci chiederemo il motivo di tanta violenza verbale.
La strada scorre tranquilla, senza visioni folgoranti di paesaggi mozzafiato. È una terra tranquilla, rilassante, dove lo scorrere del tempo è lento e spesso monotono. Il meglio, paesaggisticamente parlando, della giornata sta nel tardo pomeriggio, quando percorriamo il ponte che da Kalmar porta sull’isola di Oland. Non all’altezza delle dighe olandesi, a cui mentalmente richiama il nome dell’isola, ma comunque bello ed eccitante.
Per la notte torniamo sulla terraferma. Originariamente cercavamo il campeggio locale, ma troviamo posto – ed un cartello segnaletico conferma la possibilità di sostare – nel parcheggio all’ingresso del paese: bello, gratuito e fruibile. Prima di cena ci concediamo una passeggiata per il paese, rigorosamente deserto, sotto una fastidiosa pioggerellina, a cui temiamo dovremo abituarci come costante e parte integrante del paesaggio.
11 agosto 2005 – Kalmar (S) – Stoccolma (S) – km 470
Sveglia all’alba. Alle 6 il sole sorge all’orizzonte dopo una notte tranquilla, tra intervalli di quiete e scrosci di pioggia. Ci facciamo la doccia, colazione e alle 7,30 siamo in paese per acquistare il pane fresco – poi rivelatosi ciccoso e umido.
Partiamo sempre mantenendo la rotta per il nord, nel traffico scarso della E22, addentrandoci sempre più in ambienti rurali, così placidi e sonnacchiosi da risultare alla fine noiosi. Solo di tanto in tanto adocchiamo scorci di bei fiordi che, non essendo segnalati preventivamente, manchiamo di fotografare e porteremo con noi solo nel ricordo. Nella monotonia del viaggio abbiamo tempo di annotare che i postini guidano una strana auto, con guida a destra, e consegnano la posta senza scendere dal mezzo, ma depositandola direttamente nelle cassette postali, allocate ai bordi delle strade. Certamente un espediente per l’inverno che qui è particolarmente rigido.
Per il pranzo – ci portiamo orgogliosamente le nostre tradizioni mediterranee anche in queste lande nordiche – progettiamo di fermarci a Nykoping che ci è di strada, in riva al mare, ma sembra incredibile non riusciamo assolutamente ad individuare uno spiazzo idoneo, pertanto rientriamo sull’autostrada E4 (rigorosamente gratuita) e rimandiamo il pasto alla prima area di sosta. Pranzo veloce e francescano, poi riposino per dar sfogo alla sonnolenza del viaggio.
Al risveglio, prima dell’ultimo balzo su Stoccolma, nel farci il caffè finisce il gas della prima bombola. Per non rovinarci le vacanze, dovendo dosare l’energia rimasta nell’altra bombola, penso a come poter risolvere il problema e dall’autostrada scorgo un rivenditore di caravan e camper. Alla prima uscita possibile decido di uscire e ci avventuriamo in una lunga e tribolata deviazione per trovarlo, per poi scoprire che non c’è compatibilità tra le nostre bombole e le svedesi.
Mr. Bjorn, il titolare del centro vendita, è però molto gentile e si adopera per risolverci il problema, telefonando ad un distributore di gas che forse potrà risolverci il problema. Così con un bigliettino e poche indicazioni ci mettiamo in cerca dell’AIR LIQUID DEPAN in Hertig Carlsvag, una frazione di Sodertalje, che troveremo dopo varie traversie e indicazioni contraddittorie di locali a cui chiediamo informazioni. Si tratta di un produttore e distributore di gas liquido molto grande. Suoniamo ad un cancello con la tastiera a codice e dopo qualche secondo ci viene aperto il cancello.
Entriamo, ovviamente sbagliando direzione, ma infine riusciamo ad arrivare a destino dove un signore timido e molto gentile, con cui fatichiamo a rapportarci in inglese, nel giro di pochi secondi ci riempie la bombola vuota per sole 100 corone. Lo ringraziamo molto, soprattutto per averci aspettato, tanto che uscirà con noi avendo terminato il suo turno e felici e contenti per il problema risolto ci rimettiamo in marcia per l’ultimo tratto di strada che ci porterà a Stoccolma. Sotto la pioggia battente ci fermiamo a pulire dal fango il cicalino del gradino retrattile che improvvisamente s’era messo a suonare, ma ormai siamo in dirittura d’arrivo.
Il sole si fa strada tra le nuvole, spazzate via da un vigoroso vento e noi facciamo il nostro ingresso caotico a Stoccolma. Mai prima d’ora mi ero trovato tanto in difficoltà nell’orientarmi in una città straniera. E pensare che tracciando la rotta sulla cartina mi era sembrato estremamente semplice ed ero certo che avrei trovato l’area di sosta attrezzata sull’isola di Langholmen senza alcun problema! Ci troviamo quindi a girare per oltre due ore tra le vie di Stoccolma, passando da un’isola all’altra, mancando le indicazioni stradali o scorgendole in ritardo.
Una città stupenda, ma difficile da girare, specie con un camper nel traffico del pomeriggio, quando gli uffici si stanno svuotando.
12 agosto 2005 – Stoccolma (S)
Giornata dedicata alla scoperta di questa meravigliosa città, tanto più bella quanto inaspettata nel suo splendore. Dopo una sostanziosa colazione ci mettiamo in strada.
Col metro linea rossa ci portiamo alla stazione centrale, da dove intendiamo iniziare il nostro giro turistico. Il primo incontro è con un negro del Ghana che è stato in Italia; parla italiano correttamente e ci accompagna all’ufficio turistico, dove acquistiamo una pianta topografica della città – che continua a rimanermi particolarmente ostica con i nomi impronunciabili delle sue strade – e i biglietti per il sightseeing, con cui faremo prima un giro completo al fine di prendere confidenza con i posti, che ci appaiono subito splendidi in una bellissima giornata di sole, uscito finalmente a darci il benvenuto in Svezia dopo giorni di pioggia.
Iniziamo il nostro personale tour della città dal Nybrohammen, davanti al teatro, con il fiordo che rientra e dove fanno bella mostra lussuose navi da crociera. Saliamo e scendiamo a nostro comodo dal pullman del sightseeing – con l’acquisto del biglietto si ha diritto a questa possibilità, anche se le spiegazioni non vengono fornite da una guida, ma da un nastro registrato che si ascolta in cuffia – e lungo il tragitto familiarizziamo con un gruppo di americani. La signora capo comitiva – tipica rappresentante del matriarcato americano – è esuberante e piena di vita, in netto contrasto con le mummie che la accompagnano e che sono la rappresentazione più classica di come possiamo immaginarci gli americani che terminata la vita attiva si dedicano ai viaggi. Mi chiede da dove veniamo e in risposta alla mia “Italia”, mi stringe la mano.
Mi sento in dovere di informarmi a mia volta: “and you? Where are you from?” “New York” – “Wow. I love New York” e a questo punto lei si alza in piedi e vuole che l’abbracci. Seguono i soliti convenevoli del caso, fino a quando il gruppo scende per visitare il palazzo reale. Davanti al teatro mentre aspettiamo il tram n. 7 – vecchio mezzo storico reintegrato in servizio ad uso e consumo dei turisti – passa la banda, preceduta da due vigilesse a cavallo.
Dobbiamo fare una scelta dei posti da vedere – abbiamo giudicato occorra almeno una settimana per vedere tutto quello che ci interessa – e decidiamo per il museo all’aperto di Skansen, dove ci aspettiamo di vedere i vari aspetti di questa terra così estesa. Sicuramente una scelta azzeccata perché il posto è bellissimo, ben tenuto e meglio organizzato. Oltre all’ambientazione accurata, ci sono figuranti in costume, disponibili a fornire informazioni più dettagliate sui vari ambienti, a dar vita al posto. Per il pranzo ci sediamo in un bar d’epoca e ci concediamo due pezzi di torta con caffelatte. E poi via di nuovo, soffermandoci su tutte le ambientazioni, attraversando lo zoo e godendoci il panorama di Stoccolma in lontananza. Il museo all’aperto è un magnifico balcone sulla città. Ogni angolo è una scoperta e panorami stupendi si aprono davanti ai nostri occhi, il tutto favorito da una giornata limpida di sole.
Alla fine torniamo in città per vedere il Gamla Stan, nucleo storico originario di Stoccolma. Un intrico di vie dove anche noi ci abbandoniamo allo shopping. Dopo i primi timidi e imbarazzati tentativi di prendere confidenza con questa città, ci riscopriamo a superare ponti e percorrere strade come se fossimo di casa. A sera torniamo alla stazione centrale per riprendere il metro per tornare in camper. Nell’ultimo tratto di strada troviamo anche il tempo e la forza per fare un po’ di spesa alla coop locale, ma una volta in Kreos crolliamo travolti dalla stanchezza. Una cena abbondante e ristoratrice e c’è solo la forza per scrivere le cartoline.
13 agosto 2005 – Stoccolma (S) – Mariefred (S) – km. 197
Ci sveglia un bel sole ed è con molto rimpianto che decidiamo di lasciare Stoccolma, una città che ci ha affascinato e che – se sarà possibile – torneremo a visitare, magari in inverno per scoprirne il fascino sotto la neve. Prima di partire ci dedichiamo alle solite pulizie e poi, confidando sul fatto che è sabato ed il traffico è scarso, ci concediamo un ultimo giro in camper della città, scattando foto e porgendo i nostri ultimi saluti a questi luoghi in cui lasciamo un po’ del nostro cuore (anche se ormai non sono pochi i posti in cui abbiamo lasciato in affido piccole porzioni del nostro cuore).
Usciamo da Stoccolma, passando per il Globe – l’enorme struttura sferica pensata per lo sport – e per la E4 ci dirigiamo a Sigtuna, la città più antica della capitale. All’ingresso del paese, facendo rifornimento di gasolio, conversiamo col gestore che ci fornirà molte notizia sulla cittadina, unitamente ad una mappa dettagliata e suggerimenti di dove parcheggiare.
Il paese è sulla riva del fiordo che unisce la capitale a Uppsala. Un piccolo borgo medioevale, ben conservato ad uso turistico. Tutto ruota attorno al porticciolo ed alla via principale. Una veloce visita e riprendiamo il mezzo per dirigerci verso il castello di Skokosters, che il benzinaio ci ha indicato essere il più bello e meglio arredato di Svezia.
Con qualche difficoltà – nonostante o forse proprio a causa la cartina dettagliata – ci arriviamo che è passato mezzogiorno, ora canonica di pranzo. Parcheggiamo in riva al fiordo e pasteggiamo con carne trita acquistata a Stockolm e puré. Il castello a prima vista appare bianco e imponente, inserito in un contesto idilliaco, ma lontano da ogni paese. Del resto gli spazi in Svezia sono molto estesi e capita spesso di percorrere chilometri senza incontrare anima viva. Alla biglietteria incontriamo una coppia di siciliani, conosciuti a Sigtuna e che ci hanno preceduto in taxi, con cui faremo la visita guidata in inglese che si dimostrerà interessante, ma abbastanza anonima, come il castello del resto. In passato i suoi proprietari hanno cercato di attirare artisti e dignitari anche con l’inganno e ne sono prova i disegni e le stampe dell’epoca con cui reclamizzavano il maniera, nel tentativo di rivaleggiare con francesi, italiani ed inglesi. Ma sono ben comprensibili le difficoltà di un tempo di arrivare sin qui, per poi trovarsi inseriti nel nulla e molto distanti non solo dalla civiltà, ma anche dal centro culturale ed intellettivo europeo. Ripresa la strada, andiamo a Strangnass, anche questa città medioevale sul fiordo del lago Malaren.
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Scattiamo alcune foto sul lago e visitiamo la cattedrale che domina dall’alto di una bassa collina. C’è un matrimonio in corso, ma riusciamo comunque a buttare un occhio a quelle che a noi ignoranti sembra essere una chiesa protestante. Abbiamo percorso un semicerchio, andando ad est di Stoccolma, aggirando il Malaren ed è ora di dirigere la rotta verso sud, chiudendo il cerchio a Mariefred, di tutte e tre le cittadine che fanno da corona alla capitale, a nostro avviso, la più bella. Senza indugio ci dirigiamo verso il campeggio locale dove riusciamo a sistemarci solo nello spiazzo riservato agli arrivi. Infatti il camper affonda nelle piazzole erbose intrise d’acqua. Ci necessitano i servizi della lavanderia e le asciugatrici del campeggio. Inoltre la vista della città dal campeggio è meravigliosa e grazie alla particolare luce rossastra del tramonto che conferisce un tocco magico a tutto il contesto, sembra di vivere in una favola. Dalla nostra dinette, mentre ceniamo, ci gratifichiamo con un panorama da sogno.
14 agosto 2005 – Mariefred (S) – Granna (S) – km 330
Colazione con un buon yogurt svedese, pulizia del camper con rabbocco delle acque – pur non usufruendo della piazzola abbiamo pagato 135 corone come richiesto, quindi perché non usufruire dei servizi? – e attraverso la E 20, andiamo a riprendere la E 4 per percorrerla in senso inverso sino a Norrkoping.
L’impressione di viaggio che ne ricaviamo non è diversa da quella dell’andata: paesaggio rilassante, immersi nel verde dei boschi di conifere, ma alla fine monotono. Proseguiamo sull’autostrada sino a Linkoping, dove imbocchiamo quella che sulla nostra mappa risulta essere la parte più panoramica. In realtà il tutto è così diluito che devo confessare che ci aspettavamo di più. Escludendo la vista del battello che fa la spola tra Stoccolma e Goteborg, lungo il Gota Kanal, e che sembra una visione surreale nel mezzo della campagna piatta ed il sottopassaggio che la strada fa dello stesso canale, pochi scorci sono realmente paesaggisticamente interessanti.
Arrivati a Motala, discutendo tra noi su cosa ci saremmo aspettati, ci fermiamo nel parcheggio di un Mc Donalds a mangiare patatine fritte con filetti di sgombro, in un silenzio che a tratti ha del surreale. Difficile esprimere cosa è mancato. Personalmente ritengo che, abituati alla frequenza e bellezza dei panorami nostrani, qui tutto sia “troppo” tranquillo e i paesaggi diluiti nella percorrenza di chilometri e chilometri di strade sempre uguali. Risulta quindi più difficile scorgerne le bellezze; se non nei colori del cielo, nelle sfumature di verde dei prati e dei boschi, nei silenzi irreali che ti circondano e nella scarsità di presenza umana visibile nel percorso. Riprendiamo la strada verso sud che costeggia il lago Vattern e che da Motala è segnalata da una margherita bianca su sfondo marrone, per evidenziarne la panoramicità. Nell’ordine incontriamo Vadstena, sicuramente pittoresca e che fa da corolla al castello eretto sulle rive del lago a protezione, Odeshog con un grazioso porticciolo turistico ed un mini campeggio (non più di 5/6 piazzole) proprio sulla punta del promontorio ed infine Granna, famosa nel mondo per i bastoncini di zucchero caramellato che si distende allungata su di una collinetta, di fronte all’isola di Visingso.
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Decidiamo di fermarci qui, nel parcheggio a pagamento dell’imbarcadero, di fianco ad uno splendido parcheggio natura, dagli spazi immensi con cui confiniamo. Granna – l’imbarcadero.Qui i bambini alle 10 di sera fanno il bagno come se fossero in piscina.È un luogo di una tranquillità assoluta che solo l’arrivo di una comitiva di camper italiani riesce a rovinare. Amo il mio Paese, ma a volte non mi ritrovo nei miei connazionali. Portiamo ovunque il nostro spirito caciarone e a volte un po’ cialtrone. Nessuna meraviglia che lo stereotipo con cui gli stranieri ci identificano sia quello più bieco e trito. È così difficile quando si va a visitare un Paese, adeguarsi al loro stile di vita anche solo per pochi giorni?
Ferragosto – Granna (S) – Copenaghen (Dk) – km. 409
Ripartiamo sotto un cielo grigio, con nuvole così basse che sembra di essere immersi nella nebbia. A Jonkoping imbocchiamo la statale 26, un nastro d’asfalto che taglia una pineta senza fine, per far visita a degli amici/fornitori a Anderstorp, in passato famosa perché sede di una pista di formula 1. Colazione di lavoro, tipicamente svedese, ma buona e quindi proseguiamo la nostra marcia verso sud. Ad Halmstad rientriamo in autostrada per poi fermarci a bere un tè a Helsinsborg, da dove cerchiamo di localizzare il castello di Amleto al di là dello stretto di mare che ci separa dalla Danimarca e che avevamo visitato anni addietro.
Torna a farsi vedere il sole e noi attraversiamo il ponte che collega Svezia e Danimarca. 11 km di strada che scavalca il mare per poi inabissarsi nel tunnel sotterraneo per gli ultimi 6 km in terra ormai danese. 470 corone svedesi pari a € 63,67. certamente non pochi, ma a nostro avviso ben spesi per percorrere questa meraviglia dell’ingegneria umana che da sola avrebbe meritato il viaggio. Un’emozione intensa, da provare.
A lungo porterò con me frammenti di immagine di questo ponte ardito, con la strada che sembra scomparire improvvisamente nel mare, mentre di fronte a noi dall’aeroporto di Kobenhaven un aereo si alza in volo. Istanti e fotogrammi da tenere ben stretti nei comparti della memoria per i momenti difficili del quotidiano. Arrivati a Copenaghen ci è molto facile ritrovare il PS per il camper, anche se sono passati ormai oltre 6 anni dall’ultima volta che ci siamo venuti. Persino ridicolo in confronto ai problemi avuti a Stoccolma considerando che non abbiamo neppure una mappa della città e tutto si basa sui nostri ricordi. Sistematici nel parcheggio alle spalle del Tivoli, pagando nel parcometro 40 corone, faticosamente recuperate al cambio della stazione centrale, per 24 ore di sosta, facciamo il punto nautico.
Nel breve tragitto per attraversare la città abbiamo ritrovato Copenaghen più sporca, con evidenti tracce di smog e totalmente priva della magia di Stoccolma o dell’imponenza di Berlino. Delle tre capitali visitate in questo nostro viaggio, a nostro avviso, la meno bella. Alla faccia della Wonderful Copenaghen della canzone. Dopo cena ci concederemo un’altra lunga passeggiata nella zona pedonale della capitale danese prima di tornare a letto stanchi e addormentarci col le parole di Andersen: Viaggiare è vivere. Approvo e confermo.
16 agosto 2005 – Copenaghen (Dk) – Faborg (Dk) – km. 195
Appena svegli, fatta colazione, ritorniamo a piedi fino al Njhaven, per verificare se le impressioni della sera prima sono da confermare o meno. Il cielo grigio, l’aria frizzante e la stanchezza non ci modificano il giudizio su Copenaghen.
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Facciamo scorta di pane e weinerbrod (dolce caratteristico di Copenaghen) e l’ultima parte della città decidiamo di vedercela in camper. Visita al castello, alla sirenetta – come al solito presa d’assalto dai turisti – e Rosenborg. Alle 11,30 eravamo già in autostrada e un’ora dopo passavamo il ponte sullo Storebaelt che la volta precedente non era ancora terminato. Anche questo ponte è molto bello e insieme a quello che collega la Danimarca alla Svezia destinato a restare nei nostri ricordi, come una delle cose più meritevoli da vedere in questo Paese. Appena scavalcato lo Storebaelt ci siamo diretti verso l’area di sosta segnalata per pranzare e, ancora una volta, la fortuna ci ha arriso, perché abbiamo trovato inaspettatamente un’ AA dove abbiamo potuto scaricare le acque grigie e nere e fare rifornimento di acqua potabile. Subito dietro di noi si è creata una coda di camper che ci avevano avvistato. Sempre qui abbiamo pranzato in tutta tranquillità con vista sul mare e riposato il giusto. Poiché nel precedente viaggio avevano tralasciato di visitare l’isola di Fyn, questa volta abbiamo deciso di andare a visitare uno dei castelli più famosi di Danimarca.
EGESKOV è senz’altro con quello di Helsingor il più bel castello di questo Paese, tra quelli da noi visitati. Di proprietà privata (e ci si accorge subito dal costo del biglietto d’ingresso) è stato ristrutturato coi fondi raccolti e, pur esponendo una accozzaglia kitch (il costume di Superman fa bella mostra di se assieme ad una corazza dell’epoca fatta ai giorni nostri) è meritevole di una visita, non fosse altro che per il contesta in cui si trova ed agli splendidi giardini da cui è attorniato.
Avremmo potuto fermarci qui insieme a tanti altri camper italiani (nel parcheggio del castello è consentita la sosta notturna) ma abbiamo preferito cercare una cittadina così che dopo cena sia possibile fare quattro passi rilassanti. Siamo stati fortunati a trovare un parcheggio sul mare, vicino all’imbarcadero, tranquillo come tutte le città nordiche al calare della sera. Il tempo naturalmente si mantiene grigio, a tratti scende una pioggerellina fine come capelli d’angelo e anche noi soffriamo di sonnolenza, ingenerata da questo tempo autunnale. Per cena vorremmo farci dell’insalata acquistata alla coop di Stoccolma, ma quando l’abbiamo aperta ci siamo accorti che era ancora interrata in un vasetto.
17 agosto 2005 – Faborg (Dk) – Celle (D) – km. 347
Come spesso accade durante la notte finisce il gas e devo uscire a cambiare la bombola. Fa freddo, ma non è umido come temevamo. Siamo circondati da camper italiani che hanno avuto la stessa nostra idea. Mi rimetto a dormire sorridendo, pensando che il nostro popolo si divide di giorno e si riunisce di notte.
Al mattino ci riscalda un’occhiata di sole. Ce la prendiamo con tutta la calma possibile, forse inconsciamente desiderosi di procrastinare il momento del rientro (siamo già sulla strada del ritorno ormai). Prima un giro per il paese, poi una visita dal panettiere ad acquistare pane locale che ci ha colpito per la sua stranezza: è composto da grano e mais, con inseriti semi vari e pezzi di carota. La crosta è interamente ricoperta da scaglie di mais, tipo Kellogs. Per compensare non ci facciamo i dolci. Avendo adocchiato arrivando la sera prima un supermarket, decidiamo di fargli una visita. È il più bello e moderno che vediamo da giorni, con una grande offerta di merci – a differenza di quelli svedesi – dove spendiamo le nostre ultime monete locali in yogurt, frutta e ovviamente dolci.
Poi, con molta calma, andiamo al traghetto di Bojden per l’ultima traversata prevista in questo viaggio. L’imbarco è per le 11 e abbiamo tutto il tempo di fare i biglietti e sederci insieme alle persone in attesa a scaldarci ai tiepidi raggi di questo sole del nord. La traversata avviene con puntualità nordica e rispetto all’andata è fortunatamente breve. Il rollio monotono della nave ed il tempo, mai decisamente bello, mettono un po’ di sonnolenza che stemperano la noia del viaggio per nave. Per l’ultimo pasto in terra danese, troviamo un bel parcheggio sulla punta di Sonderborg, con stupenda vista sull’ingresso del mare nell’insenatura. Riposino canonico e poi ci rimettiamo in autostrada, scorrevole e monotona sino ad Amburgo, dove una serie di tamponamenti – tra l’altro un’auto ha tamponato una roulotte accorciandola di un buon 30 cm – prima ci rallenta e poi ci ferma.
La densità di autovettura in questa parte della Germania è decisamente elevata e Amburgo è sicuramente città di forte concentrazione industriale e portuale da causare spesso ingorghi sulle autostrade che la servono, utilizzandole spesso i tedeschi alla stessa stregua in cui noi utilizziamo le tangenziali. La sosta ci dà modo di rivedere i nostri piani e decidiamo di visitare Celle, più volte saltata in passato. Lungo la strada, a pochi chilometri da questo delizioso paese idilliaco, con un centro storico di case a graticcio da cartolina, perfettamente restaurate e conservate, incrociamo un cimitero di guerra, con le sue croci perfettamente allineate sulla collina, ed il terribile campo di sterminio femminile di Bergen-Belsen.
Accanto a questi terribili ricordi di un passato neanche tanto lontano, ai bordi della strada su piazzole occasionali, le prostitute attendono i loro clienti in camper. Contrasti forti che convivono e ci costringono a riflettere. Per me, e quelli della mia generazione, la Germania susciterà sempre sentimenti contrastanti di amore e odio.
18 agosto 2005 – Celle (D) – Blankenburg (D) – km. 200
Ci siamo concessi una giornata di libertà, dove avremmo fatto solo quello che ci andava. E così è stato. Abbiamo iniziato poltrendo a letto sino a tardi, tanto i negozi aprono solo alle 10.
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Quindi doccia energetica e infine gita per il centro, facilmente raggiungibile da punto sosta attrezzato dal comune e posizionato alle spalle del parco, ad acquistare i burattini per Sara che avevamo adocchiato nel tour serale ed il mouse di cioccolato per Marta. Lasciando Celle – merita un viaggio – ci fermiamo al centro vendita caravan Stumpf – segnalato sullo stesso cartello del punto sosta comunale – dove all’Eurorelais svuotiamo wc, acque grigie e con € 1 ci riforniamo di acqua potabile. Paola entrando nel centro vendita e trovandolo bello e ordinato, ne approfitta per acquistare una confezione di aqua kem che può sempre servire. Prima tappa odierna dovrebbe essere la cattedrale di Wienhausen, ma la difficoltà di parcheggiare ci fa soprassedere. Abbiamo deciso di effettuare una tappa all’insegna di “sarà quel che sarà” e così sarà.
Rotta verso Braunschweig, città grande ed austera nel suo centro storico, tanto quanto è moderna ed anonima in periferia. Ci addentriamo per un po’, ma i lavori in corso sono troppi e decidiamo di soprassedere. Ci dirigiamo su Wolfenbuttel, dove pensiamo di sostare per il pranzo. Purtroppo i soli parcheggi disponibili, a pagamento, sono troppo corti per noi e anche se a malincuore, perché quello che abbiamo intravisto meritava, ce ne andiamo e finiamo per pranzare in un’anonima area di sosta sulla A395. Pisolino e di nuovo in marcia verso Goslar, senz’altro meritevole di una visita ed entrata a far parte delle città protette dall’Unesco. Il centro storico, risparmiato dai bombardamenti dell'ultima Guerra è molto ben conservato e restaurato.
Una patina di antico ricopre le cose, contrariamente a Celle che, anche a occhi inesperti come i nostri, lascia intravedere chiaramente i lavori di ristrutturazione e ripulitura ad uso e consumo turistico. Anche il PS che il comune ha destinato ai veicoli ricreativi, all’esterno delle vecchie mura, è comodo, ben posizionato e sufficientemente tranquillo. Ma noi, dopo una merenda a base di yogurt, decidiamo di non averne abbastanza per oggi e di voler attraversare le colline per vedere il Naturpark HochHarz, dove tanti tedeschi fanno villeggiatura. È una zona della Germania diversa da quelle sin qui viste; innanzitutto collinare, con un po’ del disordine tipico italiano. Ricorda per certi versi alcune zone della Sila.
Avevamo ipotizzato di fermarci nel PS segnalato di Alterare, ma a Paola non piace perché troppo fuori mano e isolato. Così ci sciroppiamo tutto il parco, con strade difficili e tutte da guidare, per approdare qui dove ci attende la bella novità inaspettata del castello su di un’altura a dominare il paese, ai piedi dei primi contrafforti collinari. Dal parcheggio segnalato, sotto di noi si stende tutta la pianura che attraverseremo domani.
19 aqosto 2005 – Blankenburg (D) – Rothenburg ob der Tauber (D) – km. 393
Sveglia all’alba – anche se Paola non ha dormito affatto nonostante la totale solitudine in cui ci siamo addormentati, ma il pensiero del ritorno produce incubi – e ci mettiamo in strada, nella previsione di una tappa lunga, senza l’utilizzo di autostrade, volendo esplorare questa parte di Germania meno visitata. Il primo tratto sino a Nordhausen è molto guidato e l’attraversamento dei paesi stretto e a volte complicato.
In uno di questi, a causa di un autista di Tir distratto, abbiamo evitato di toccarci solo per pochi centimetri. È stato traumatico accorgersi che non mi vedeva e non avere più strada disponibile per allargarmi ed evitarlo. Con un bestione simile l’impatto sarebbe stato disastroso, rovinandoci il piacere della vacanza. Per spezzare la monotonia del viaggio, prima di Erfurt ci siamo fermati per fare spese, ma sia l’Aldi che il Penny da noi visitati erano discount con poca scelta e merce scadente, per i nostri gusti. Abbiamo preso solo lo stretto indispensabile e ci siamo rimessi in marcia. L’ A73 è un’autostrada in costruzione e così entriamo e subito usciamo a Suhl.
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La nostra meta è Coburg che raggiungiamo verso l’una, sostando nello spazio adattato per i camper all’interno di un parcheggio giusto fuori le mura. Pranziamo e Paola si riposa un po’, recuperando la notte, quindi sotto un sole italiano – il termometro del camper segna 35° - ci avviamo verso il centro, dove scatteremo le foto di rito, ci gratificheremo con un gelato e l’acquisto di un soprammobile. È il primo giorno di caldo estivo da quando siamo partiti e ne approfittiamo per metterci finalmente i calzoncini corti. La prossima meta è la cattedrale di Vierzenheiligen,dove dal parcheggio ci sciroppiamo una salita a piedi di circa 1 k.. Ne valeva la pena, ma che fatica e che sudata. Il resto della giornata è dedicato al trasferimento verso questa romantica cittadina, nostra meta più volte il passato di visita. Lungo la strada ci chiediamo se non avremmo fatto meglio a far tappa verso Norimberga – che rimandiamo al prossimo viaggio – e troppo tardi ci accorgiamo che forse ci hanno fotografato in un tratto di strada a velocità controllata. Posteggiamo al parking 2 (il nostro solito), inseriamo € 6 e ritorniamo a visitare luoghi che ci sono ormai familiari, come il negozio di articoli natalizi, da cui ogni volta non riusciamo ad uscire a mani vuote.
Ci restano solo 2 giorni e 2 notti di vacanze e Paola è vittima di un attacco di cistite. Fortunatamente abbiamo con noi tutti i medicinali del caso (e anche qualcuno in più, in previsione di problemi di salute che con l’età purtroppo aumentano) ma certo andiamo a letto per la prima volta in questo viaggio, discretamente preoccupati.
20 agosto 2005 – Rothenburg (D) – Lindau (D) – Km 243
Fortunatamente le medicine hanno ridotto i dolori nel corso della notte, tanto che ci siamo concessi un’altra passeggiata per le strade di Rothenburg, prima di tornare agli usuali lavori di pulizia al camper – svuotare e riempire – ricerca di un supermercato per la spesa e poi di nuovo in marcia sotto la pioggia, a volte fitta e battente, ed un cielo grigio, fino all’arrivo a Lindau, dove ci posizioniamo nel parcheggio 1, appositamente predisposto per i camper di passaggio. Pagando € 0,50 a testa è possibile utilizzare il bus per la città e naturalmente ne approfittiamo dal momento in cui nel nostro girovagare non ci serviamo dell’ausilio delle biciclette, privilegiando il camminare che ci consente anche di conversare ed eventualmente interloquire con la gente del posto. Lindau ci appare bella ma banale. Girovaghiamo per le strade del porto e del centro storico, ma siamo combattuti tra il ricordo dei luoghi visitati e il rimpianto dell’avvicinarsi del rientro.
Ormai siamo alla fine del viaggio ed è già tempo di bilanci. Il 21 sarà una tappa di trasferimento verso casa.
È stato un bellissimo viaggio, dove tutto – o quasi – è andato per il verso giusto. Ricorderemo a lungo i cieli svedesi, le foreste sterminate, i silenzi, il nitore dell’aria. Per tutto il viaggio di ritorno abbiamo rimpianto queste sensazioni che al momento non avevamo compreso in tutta la loro portata. E contestualmente abbiamo sognato e parlato di nuove mete per l’estate che verrà: l’Inghilterra, e precisamente il Dorset e il west end, la Norvegia, con il mitico capo nord, le Lofoten, o più realisticamente i suoi fiordi, la Sicilia, con la parte occidentale che ci manca, la Grecia, con le sue meteore e i siti storici, la Scozia, l’Irlanda…. Quanti viaggi ancora ci aspettano. Con il loro fascino, le aspettative, i sogni che generano….ma ancora per un poco godiamoci questo e archiviamolo tra quelli da ricordare con affetto: Stoccolma, un gioiello da rivedere e gustare, magari sotto la neve, Berlino immensa e bella oltre ogni nostra aspettativa, con i contrasti ancora così visibili, le città del nord della Germania, il piccolo spicchio di territorio ceco, con le città così grigie e tendenti al rinnovamento, le lunghe passeggiate serali sotto il cielo d’estate carico di promesse e aspettative, il piacere di essere soli in terra straniera, a nostro agio nella nostra bellissima casetta a quattro ruote.
Non ringrazieremo mai abbastanza il camper e la sua libertà che ci fa ancora sognare, anche se non siamo più giovani di primo pelo. Alla prossima……
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